domenica 27 gennaio 2013

Pici alla 'Matriciana

Con questa ricetta partecipo al contest di Menù Turistico - MTChallenge di gennaio 2013

Il dado è tratto! Ebbene sì, ho deciso, parteciperò all' MTC.
Se qualcuno me l’avesse detto qualche giorno fa lo avrei preso per matto. Ma forse il matto sono io, cittadino romano de Roma, che non ha mai messo le mani nella farina per preparare la pasta fatta in casa (e non l’ha mai vista fare dalla mamma o dalla nonna, anch’esse romane de Roma) e che, nonostante tutto, ha deciso di buttarsi nella mischia e partecipare a questa singolare competizione!
I motivi che mi hanno fatto scattare la voglia di partecipare sono almeno due. Il primo è legato al desiderio di preparare da me una pietanza che mi piace parecchio e che molto raramente ho occasione di mangiare; ed è lo stesso motivo che, da qualche mese, mi ha spinto ad avventurarmi nell’affascinante e, per certi versi, ancora misterioso mondo della cucina.
Il secondo motivo dipende dalla C finale di MTC, che sta per Challenge (sfida). E per me, ancora abbastanza inesperto di cucina, ogni volta che preparo qualche manicaretto è sempre una sfida; sì, mi piace mettermi in gioco, anche se, prima di cominciare, mi sorge spontanea la solita domanda: verrà bene ciò che sto per preparare, o alla fine dovrò buttare tutto? In genere 9 volte su 10 l’esito risulta pienamente soddisfacente, almeno per me, regalandomi la grande soddisfazione di avere preparato con le mie manine qualcosa di buono...
Ma ora veniamo ai Pici. Come ci dice la Patty, i Pici erano il piatto dei contadini, fatto di estrema povertà ed essenzialità, ma che racchiudono l’odore ed il sapore dalle campagne senesi, e non solo quelle.
Per insaporire questo piatto povero, ma ricco di emozioni, ci vuole un condimento altrettanto povero ma ricco di sapore.
Ho così pensato di associare alla semplicità di questa pietanza tosco/ senese una salsa, altrettanto semplice, ma di provenienza laziale/ romanesca: la Matriciana (o Amatriciana, come vedremo tra poco).
Questo sugo era parte del pasto principale dei pastori abruzzesi e dell’alta Sabina, che portavano nei loro zaini pezzi di pecorino, sacchette di pepe nero, pasta essiccata, guanciale e strutto.
Il nome deriva da Amatrice, piccola cittadina laziale al confine con l’Abruzzo, ma, riguardo al nome, si deve tenere presente che gli abitanti di Amatrice usano chiamarsi “matriciani” e pertanto il piatto originale veniva chiamato “matriciana” e non amatriciana come invece viene comunemente chiamato oggi.

Di questa salsa sono note diverse varianti, con ingredienti e metodi di preparazione talvolta alquanto differenti. Ad esempio, spesso si prepara aggiungendo la cipolla o l’aglio, ma ad Amatrice non usano né l’una, né l’altro!
La ricetta più antica si chiama Gricia (pronunciata con la c ‘strascicata’ tipica della parlata romanesca e laziale, tanto da diventare quasi ‘griscia’) che è una preparazione senza pomodoro, originaria di Grisciano, piccolo paese poco distante da Amatrice.

Riguardo alla composizione, la ricetta canonica prevede l’uso dei seguenti ingredienti:
•  il guanciale (ottenuto dal muso del maiale) con un rapporto pasta/ guanciale di 4/ 1;
•  un cucchiaio di strutto;
•  il pomodoro fresco ben maturo (tipo spagnoletta, chiamato anche casalino), ma sono ammessi anche i pelati in scatola;
•  il pecorino dei Monti Sibillini e della Laga (fatto con latte crudo della pecora di razza sopravissana, dal sapore molto delicato, non salato e leggermente piccantino);
•  un peperoncino non troppo piccante.
La tradizione prevede inoltre l'uso di una padella di ferro anziché una più moderna padella in acciaio inox, magari rivestita di materiale antiaderente.
Non è ammesso l'uso di panna, latte o altri derivati, se non il pecorino da spolverare abbondantemente sulla pasta quando il piatto è pronto.
Considerata la difficoltà di trovare alcuni ingredienti, vengono oggi ammesse alcune varianti, ma un componente è assolutamente irrinunciabile: il guanciale.
Per la preparazione di questi Pici alla Matriciana comincio a fare il sugo, che posso conservare anche per un giorno o due.

Preparazione del sugo alla Matriciana
La “mia” matriciana (o amatriciana, se si preferisce) la faccio nel seguente modo (le dosi sono abbondanti, così da poterla usare ancora per qualche altra preparazione).
Prendo un paio di fettine di guanciale dello spessore di circa mezzo centimetro, tolgo la cotenna, taglio ciascuna fetta in striscioline larghe 1 cm circa e le riduco ancora a pezzi lunghi un paio di cm.


preparazione del guanciale
Pongo il guanciale in una padella antiaderente senza olio e lo faccio rosolare a fiamma media affinché cominci a cedere il grasso e ad assumere un bel colore giallo dorato (se sfortunatamente il guanciale dovesse essere poco grasso, conviene aggiungere un cucchiaio di olio). Abbasso il fuoco e continuo a rosolare per pochissimi altri minuti in modo che il guanciale possa abbrustolirsi leggermente, ma ben prima che cominci a bruciarsi (in tal caso si dovrebbe buttare tutto).


vino bianco e  peperoncino
guanciale ben rosolato
Aggiungo quindi una bacca intera di peperoncino ed un bicchiere di vino bianco, che faccio sfumare a fuoco vivace (il vino era un Pecorino Corno Grande, terre di Chieti).

Tolgo il peperoncino e fermo la rosolatura versando 400 g di pomodorini italiani di collina in scatola (non è stagione per i pomodori freschi: quelli che trovi non sanno di niente).


aggiunta dei pomodorini

Li lascio cuocere per una decina di minuti, girando di tanto in tanto con un cucchiaio di legno, finché il sugo si sarà sufficientemente addensato.


la matriciana è pronta!

Una volta pronta, lascio la matriciana nella padella e comincio la

Preparazione dei Pici
Li ho preparati adottando scrupolosamente gli ingredienti e le tecniche indicate da Patty di Andante con gusto, cambiando soltanto le dosi per adattarle a 2 - 3 persone, ma rispettando rigorosamente le proporzioni.

Ho quindi usato:
  • 160 g di farina 00
  • 80 g di farina di semola rimacinata
  • 2 cucchiai di olio extra vergine
  • 1 pizzichino di sale
  • 1 bicchiere scarso di acqua
E ora comincia l'avventura. Non avrei mai creduto che la preparazione di questi pici potesse diventare un thriller... Ma procediamo con ordine.

miscelatura delle farine
Comincio a mescolare bene le 2 farine (non avendo il setaccio ho usato uno scolafritto), mettendo nella rete due cucchiai di farina e uno di semola per volta, versando poi la polvere in una terrina. Dopo aver mescolato bene le due farine, le dispongo a fontana sulla spianatoia. 




la fontana
Verso l'olio, aggiungo un niente di sale, quindi comincio a versare lentamente l'acqua ... che naturalmente scorre lungo il bordo del bicchiere, fino ad arrivare in basso, cadendo fuori della fontana (in fisica si studia che la colpa è della tensione superficiale). Vabbè, prendo meglio la mira e stavolta mi va dentro. Incorporo quindi la farina con una forchetta e amalgamo bene gli ingredienti.

Quando mi sembra che cominci a prendere una certa consistenza, comincio a impastare con la mano destra, tenendo con la sinistra la mia fedele paletta raschia ghiaccio che uso per le più svariate incombenze. Ma che succede? Chi c'ha messo la colla? Aiutoooo, l'impasto mi si sta attaccando sulla mano! Forse c'ho messo troppa acqua. Per fortuna avevo saggiamente messo da parte altri 50-60 g di farina (4 cucchiai di 00 e 2 di semola), per eventuali necessità. Ne verso prima un po' nell'impasto, continuando a lavorare, e poi un altro po'.


l'impasto in preparazione

Ora l'impasto si è asciugato abbastanza, e riesco a liberare la mano. Continuo a lavorare ancora e ancora; sento la palla che comincia a prendere il calore delle mie mani e a diventare liscia come il velluto. Che bella sensazione! Mi è venuto da pensare a una mamma che sente crescere nel suo grembo il suo bambino.

L'impasto è pronto. Lo avvolgo nella pellicola e lo lascio riposare per mezz'ora, giusto il tempo di ripulire un po' in giro e prendermi un caffè.
l'impasto pronto
Riprendo la palla, ne tolgo un pezzetto, lo stendo leggermente con il mattarello e ne ricavo 3 striscioline. Comincio quindi a 'rollare'...
la rollatura dei pici
Il primo picio mi viene benino, il secondo forse troppo lungo e mi si assottiglia troppo in alcuni punti, lo rifaccio. Proseguo il lavoro e prendo un po' di manualità. Scopro così che lo spessore viene bene, senza che si formino le 'avvallature' delle dita, se il picio viene rotolato sotto la cavità della mano, tenendo il polso poggiato sulla spianatoia; le dita vanno usate solo nella fase iniziale.
i pici pronti
Una volta pronti, li dispongo su di un largo piatto, li spolverizzo con un po' di semola per evitare che si attacchino e li copro con un canovaccio di lino.
Metto a bollire l'acqua, con un pugnetto di sale, in una pentola abbastanza capiente. Metto pure a riscaldare la matriciana che avevo preparato ieri.
L'acqua sta per bollire, sarà meglio che cominci a prendere i pici.
NOOOOO! Non può essere! E mò che faccio?

I pici non ci sono più!!! L'impasto si è appiattito e dei pici rimane solo qualche ombra. Bè, cercherò di districarne qualcuno, tanto erano troppi per noi due. Con tutta la buona volontà ne ricavo giusto 3 o 4. Che faccio, abbandono?
Poi mi sono venute in mente le parole di Patty: "se si rompono mentre li fate, pace! avrete dei pici cortini, si mangia tutto!".
No, non si butta niente! Riprendo i pici sfatti, tolgo l'eccesso di semola, li rimpasto e poi li rifaccio. Sì, li ho rifatti per la seconda volta! Stavolta però li faccio un po' meno lunghi e li dispongo ben separati un po' sopra un canovaccio ed un altro po' sulla stessa spianatoia.

L'acqua bolle di nuovo, prendo i pici un po' per volta e li tuffo nell'acqua. Li smuovo appena con un forchettone di legno per non romperli e aspetto che si cuociano. Dopo 2 o 3 minuti eccoli che vengono a galla! Aspetto un altro minutino scarso, quindi li raccolgo con il forchettone e li dispongo belli umidi direttamente sui piatti sul cui fondo avevo già messo un po' di sughetto caldo. Aggiungo un altro paio di cucchiai di matriciana bella calda, un'abbondante spolverata di pecorino ed il piatto è pronto!
Buonissimi i pici, belli carnosetti come piacciono a me, e saporitissimo questo sugo matriciano fatto solo con guanciale, pomodoro, un bicchierozzo di vino bianco e poco peperoncino.

pici alla 'matriciana

Il piatto è stato accompagnato da un buon Morellino di Scansano Poggio di Fontesassi, anno 2009.



giovedì 17 gennaio 2013

Scaloppine al limone

È una preparazione molto facile e veloce, ma che necessita di qualche accorgimento per ottenere a fine cottura una bella salsina cremosa e saporita, che è la caratteristica principale di questo piatto.

Per 3 persone servono (dosi orientative): 500 g di fettine di vitella; 1 limone; 50 g di farina; 1 noce di burro; 3 cucchiai di olio evo; 2 foglie di salvia (facoltativo); 1/2 bicchiere di brodo (facoltativo); sale.

Cominciamo a spremere un limone: il succo lo lasceremo nello spremiagrumi, mentre la buccia grattata la mettiamo da parte su un piattino.
Insaporiamo le fettine spennellando la superficie con un po' di succo di limone (ma questo passaggio è una finezza che si può anche omettere) e le infariniamo bene su entrambi i lati, battendo bene per fare aderire la farina sulla superficie della carne.

Le scuotiamo leggermente per eliminare l'eccesso di farina e le lasciamo riposare per qualche minuto adagiandole su un piatto.
Nel frattempo mettiamo a scaldare una padella abbastanza larga con un noce di burro ed un poco di olio. Quando l'emulsione sarà abbastanza calda, si può insaporire mettendo 2 o 3 foglie di salvia (oppure un rametto di rosmarino), da togliere quando avranno finito di sfrigolare, ma prima che comincino a bruciarsi (ma anche questa è un'operazione che si può omettere).
Mettere infine a cuocere le fettine per pochi minuti per lato, salandole leggermente, quando vengono rigirate, prima da una parte e poi dall'altra.
A fine cottura, quando le scaloppine avranno preso un bel colore rosato, le togliamo dalla padella e le disponiamo su un piatto di portata, tenendole al caldo (es. vicino ai fornelli).
Se la carne non entra tutta nella padella, si può cuocere un po' per volta.



Una volta liberata la padella dalla carne, mettiamo a scaldare un'altra noce di burro; versiamo quindi il succo di limone nel quale avremo disperso uno e due cucchiai di farina, amalgamando tutto molto bene per evitare la formazione dei grumi.
Lasciare addensare a fuoco moderato, girando con un cucchiaio di legno. Se, al contrario, il composto risultasse troppo denso, si può aggiungere mezzo bicchiere di brodo caldo.


Quando la salsina sarà sufficientemente ristretta, alzare nuovamente il fuoco e rimettere le scaloppine nella padella, tenendocele per qualche minuto in modo da insaporirle bene.
Disporre le scaloppine nei piatti, versarci sopra la salsina al limone ben calda e guarnire con una spolverata di scorza di limone grattugiata.


scaloppine al limone


venerdì 11 gennaio 2013

Ragù alla bolognese

In queste grigie giornate invernali (stamattina anche a Roma c'era la nebbia) un bel piatto di fettuccine con il ragù alla bolognese ci sta proprio bene.


Il tradizionale ragù alla bolognese è una ricetta molto saporita, ma anche molto calorica che pertanto, per motivi salutistici, ho cercato di alleggerire (almeno in parte), senza tuttavia snaturarne le peculiarità essenziali.
È una salsa ricca di carne e povera di pomodoro (qualcuno, addirittura, fa una preparazione completamente in bianco, senza usare pomodoro), di non difficile esecuzione, ma che richiede un tempo di cottura di circa 3 ore.

Per  la preparazione servono i seguenti ingredienti: 500g di polpa di manzo; 200g di carne di vitella; 1 salsiccia (al posto della pancetta); 1 cipolla; 2 coste di sedano; 2 carote piccole; 1/2 bicchiere di vino rosso; 350dl di brodo di carne; 4 o 5 cucchiai di doppio concentrato di pomodoro; 1/2 bicchiere di panna fresca (o di latte intero); olio e sale q.b. (io non ho usato il pepe).

Per la preparazione procedere nel seguente modo.


Pelare un paio di carote, togliere i filamenti al sedano e sbucciare la cipolla; tritare finemente le tre verdure e metterle insieme, in pari proporzioni, in un tegame capiente insieme a qualche cucchiaio di olio. Aggiungere una presa di sale (se piace, anche un po’ di pepe) e cuocere a fuoco medio, con il tegame coperto, mescolando spesso.

Quando le verdure si sono bene ammorbidite e cominciano a prendere colore, aggiungere la carne tritata e l’impasto sbriciolato delle salsicce. Far rosolare a fuoco abbastanza vivace per una decina di minuti, girando continuamente e schiacciando la carne con i rebbi di una forchetta per eliminare gli eventuali grumi.


Quindi versare nel composto mezzo bicchiere di vino rosso (es. sangiovese di Romagna), lasciandolo evaporare a fuoco medio-alto.


Nel frattempo preparare il brodo di carne sciogliendo una tavoletta di preparato per brodo in 350 ml d’acqua.





Sciogliere quindi il concentrato di pomodoro (es. mezzo tubetto da 135 g) in una ciotolina con un po’ di brodo caldo e versarlo nel ragù.


Aggiustare di sale (e di pepe) se necessario (ma il brodo è già saporito) e lasciare sobbollire, con il tegame non completamente coperto, per ancora 2 ore circa, girando di tanto in tanto ed aggiungendo, prima che si asciughi troppo, un paio di mestolini di brodo caldo per volta.




Verso la fine della cottura aggiungere mezzo bicchiere di panna (o di latte intero) per stemperare l’acidità del preparato, continuando a cuocere dolcemente per pochi altri minuti, fino a portarlo alla giusta densità.







L'abbinamento più tradizionale del ragù alla bolognese è quello con le tagliatelle fresche all'uovo, ma è buono anche con le lasagne o con altri tipi di pasta (es. i rigatoni).
Suggerisco di non incorporare il parmigiano direttamente nella pasta, ma di portare in tavola la formaggiera, in modo che i commensali siano liberi di spolverizzarlo secondo il proprio gusto (i veri amanti di questa salsa non apprezzano l’aggiunta del formaggio, che ne altererebbe il sapore).



venerdì 4 gennaio 2013

Tartine al gorgonzola

Dopo il tripudio di cenoni, pranzi e specialità varie e gustosissime descritte in questi giorni, oggi propongo un antipasto completamente vegetariano, semplice e facile (come al solito) da preparare, ma non per questo meno appetitoso: le tartine al gorgonzola.



Innanzi tutto vorrei ricordare che la differenza tra "tartine" e "canapé" deriva sostanzialmente dalle loro dimensioni. Entrambi sono preparazioni a base di pane in cassetta (o pan carré), tagliato per lo più a forma circolare o a triangoli, ed entrambi vengono consumati prendendoli direttamente con le dita (niente forchetta e coltello); i canapé hanno dimensioni un po’ più grandi, mentre le tartine sono più piccoline. Ad esempio, i comuni tramezzini che troviamo al bar, ottenuti sovrapponendo i due triangoli che si ricavano dividendo a metà una fetta di pane in cassetta, sono da considerare canapé; le stesse mezze fette, se vengono ulteriormente divise a metà per farne dei triangolini più piccoli, diventano tartine.

Servono i seguenti ingredienti200 g di gorgonzola dolce; 100 g di mascarpone; 100 g di robiola; gherigli di noce e/o mostarda ai frutti di bosco per guarnizione; una confezione di pan carré  per fare le tartine.

Togliere dal frigorifero i tre formaggi qualche tempo prima dell'uso per farli ammorbidire. Metterli poi in una terrina e mescolarli bene con un cucchiaio, fino ad ottenere una cremina omogenea e facile da stendere.

Preparare le tartine tagliando il pan carré con un coppapasta (da ogni fetta di pane si possono ricavare 2 tartine); tostarle poi leggermente su entrambi i lati mettendole sotto il grill del forno a 150° per pochissimi minuti (attenzione perché ci mettono un attimo a carbonizzarsi!).
Stendere il miscuglio dei tre formaggi sulle tartine che nel frattempo abbiamo fatto raffreddare, distribuendolo omogeneamente in uno strato non troppo sottile.

Guarnire la superficie di ogni tartina con mezzo gheriglio di noce (se il frutto si rompe quando lo schiacciamo, usare 2 o 3 pezzetti tra i più grossi che riusciamo ad ottenere). Volendo, al posto delle noci si può usare un cucchiaino di mostarda alle fragoline o ai frutti di bosco (il contrasto di sapori con il formaggio gorgonzola è molto gradevole).
Avendoli entrambi, io li ho usati tutti e due.


Tartine al gorgonzola con gherigli di noce e mostarda ai frutti di bosco







martedì 1 gennaio 2013

Pasta con la bottarga


Dopo tanti zamponi, cotechini o altri piatti non proprio leggerissimi, oggi propongo un primo piatto gustosissimo, ma abbastanza leggero e facile da preparare: la pasta alla bottarga. La bottarga è costituita da uova di pesce salate ed essiccate; quella di muggine (cefalo) è la più pregiata e costosa e si produce principalmente in Sardegna (è anche chiamata il caviale dei sardi), ma c’è anche quella di tonno, più economica, dal sapore molto deciso e di colore più scuro. Viene commercializzata sotto forma di ‘baffe’ intere, costituite dalle sacche ovariche integre, ma si trova anche in confezione già grattugiata (il sapore, però, è molto penalizzato). Dal punto di vista nutrizionale, è molto apprezzata per l’alto valore proteico e perché, a differenza delle uova di volatili, è ricca di grassi “buoni”; va tuttavia utilizzata con cautela per l’elevato contenuto di sodio e di colesterolo.

Per 2 persone ci vogliono: 40-50 g di bottarga di muggine; 1-2 spicchi di aglio; la scorza grattugiata di un limone; un ciuffo di prezzemolo; 10 g di pinoli (facoltativo); olio e.v. di oliva di ottima qualità; 200 g di pasta lunga a piacere (linguine, spaghetti, ecc.).

Per esaltare il caratteristico sapore della bottarga, io faccio una preparazione rigorosamente a crudo, evitando di passarla in padella.
Per grattugiare la bottarga si può usare una comune grattugia, ma io ho usato uno strumento particolare costituito da una lamina di acciaio con tanti dentini in rilievo che grattano senza frantumare (foto).

Questa la preparazione.
Dividere a metà uno spicchio di aglio (usarne 2 se sono piccoli) e strusciarlo bene nell’insalatiera; aggiungere poi 3-4 cucchiai di olio e.v. d’oliva (se piace, anche di più) e lasciare insaporire mettendo l’insalatiera sulla pentola della pasta in modo che si intiepidisca (non c'è bisogno di aggiungere sale).
Quando l’olio si è insaporito, eliminare l’aglio ed unirvi la bottarga insieme alla buccia di limone grattugiata (volendo ci si può aggiungere anche qualche goccia di limone); aggiungere quindi le foglie di prezzemolo tritate non troppo finemente ed una manciata di pinoli spezzettati grossolanamente (facoltativo). 


Se l’insieme risultasse troppo denso, aggiungere un po’ di acqua di cottura della pasta che nel frattempo si è messa a cuocere. Evitare che il condimento si raffreddi, tenendo l’insalatiera vicino ai fornelli (o tenendola ancora sopra la pentola, se l’acqua non bolle ancora).

Scolare la pasta al dente, lasciando da parte un po’ di acqua di cottura in caso di bisogno.
Versare subito la pasta nell’insalatiera girando molto bene per amalgamare i vari ingredienti.

Impiattare rapidamente e rifinire, eventualmente, con un pizzico di prezzemolo tritato fine e/o con un altro po’ di bottarga grattugiata.
Se i piatti sono caldi, o almeno non troppo freddi, è meglio.


Linguine alla bottarga